
Le prime luci dell’alba filtravano attraverso le nubi dense, tingendo il cielo di un arancione spettrale. Elias, un guerriero errante, camminava solitario lungo il sentiero di una foresta dimenticata dal tempo. Era trascorso un decennio da quando aveva deposto la sua spada, giurando di non tornare più alla vita di combattente. Eppure, in quel luogo misterioso, sentiva che qualcosa lo stava chiamando, come un’eco proveniente da un passato che aveva cercato di dimenticare.
Mentre avanzava tra gli alberi secolari, il vento portava strani sussurri, voci che sembravano pronunciare il suo nome. Elias si fermò, stringendo il pugno attorno al suo vecchio talismano, unico ricordo di un tempo in cui era considerato l’eroe di terre lontane. Le voci si fecero più forti, e da dietro un’ombra, emerse una figura avvolta in un manto scuro.
“Finalmente ti ho trovato, Elias,” disse la figura con una voce grave, ma familiare.
Elias alzò lo sguardo, e i suoi occhi incontrarono quelli di Rothar, un tempo suo compagno di battaglie, ora divenuto una leggenda temuta. “Credevo che fossi morto,” disse Elias, con una calma che nascondeva l’inquietudine che cresceva dentro di lui.
Rothar sorrise, un sorriso che conteneva più ombre che luce. “Non si può morire quando si è legati all’Ombra. Io ho attraversato i confini della vita e della morte, e ho visto cose che tu non puoi immaginare.”
Elias fece un passo indietro, la sua mente riempita dai ricordi del passato. “Cosa vuoi da me, Rothar?”
“Non è una questione di cosa voglio io,” disse Rothar, la sua voce divenne un sussurro minaccioso. “È una questione di cosa vuole l’Ombra. E l’Ombra vuole te.”
All’improvviso, l’aria intorno a loro si fece densa, e le ombre degli alberi sembravano animarsi, avvolgendo Rothar in una spirale oscura. Elias estrasse la sua spada, che non impugnava da anni, sentendo il peso di un destino che aveva cercato di evitare.
“Devo combattere di nuovo, vero?” chiese Elias, senza aspettarsi una risposta.
“Non puoi sfuggire all’Ombra,” sibilò Rothar, lanciandosi verso di lui con una velocità sovrumana.
La battaglia fu feroce, ma non si trattava solo di abilità fisiche. Ogni colpo di Elias era accompagnato da visioni del passato: di battaglie vinte, amici perduti e segreti oscuri che aveva sepolto. Rothar sembrava crescere in potenza ad ogni colpo mancato, nutrendosi della paura e della colpa di Elias.
Ma proprio quando sembrava che l’Ombra avesse vinto, Elias si ricordò del motivo per cui aveva abbandonato la spada tanti anni prima: non era solo per la stanchezza della guerra, ma per la promessa che aveva fatto. Promessa di proteggere, non di distruggere.
Con un grido di pura determinazione, Elias canalizzò tutta la sua forza nel colpo finale. La lama risplendette di una luce dorata, squarciando le ombre che circondavano Rothar. La figura oscura cadde a terra, il suo mantello dissolvendosi nel vento.
“Non posso essere parte dell’Ombra,” mormorò Elias, osservando il corpo svanire. “Io sono luce.”
Il sole, finalmente, sorse completamente, dissipando le ultime ombre della notte. Elias, ormai consapevole che il suo destino non era più nelle ombre del passato, si girò e riprese il suo cammino verso l’ignoto, pronto per nuove avventure.